DREAMFALL – The longest Journey 2

  • Genere: Avventura Fantasy
  • Editore: Micro Application
  • Sviluppatore: Fun Com
  • Distributore: Blue Label
  • Rilascio: 2006
  • Tipo: 3D P & C in terza persona
  • Lingua: Italiano
  • Età consigliata: 12+
  • Durata: 20-25 ore

 

  • Difficoltà:   
  • Voto di P& C:      

Requisiti minimi richiesti:
S.O. Windows XP – Pentium 4 – 1,6 GHz o equiv. – Memoria RAM 256 MB – Scheda audio Compatibile direct 8 – Sceda Grafica 3D 64 MB DirectX 8 con supporto pixelshades 1.1 – Lettore DVD ROM – Spazio su HD 7 GB

 

Recensione di Aspide Gioconda

LA STORIA

Il gioco si apre con una giovane ragazza in coma, in una camera soleggiata, assistita dal padre. Lei comunica con noi attraverso non ben precisate facoltà extrasensoriali e ci racconta la sua storia ad iniziare da due settimane prima.
Conosciamo dunque Zoe nella sua camera nella Casablanca del futuro: lei è la tipica ventenne borghese, annoiata, demotivata, che ha lasciato gli studi universitari, ha lasciato il suo ragazzo, Reza, non sa che fare di se stessa e si lascia vivere nel dolce far nulla viziata e coccolata da un padre che lavora nella bioingegneria ed ha troppo da fare per occuparsi della “bella-di-papà”. Un giorno il suo ex ragazzo le chiede un favore: ritirare un pacchetto per suo conto presso una dottoressa. E qui iniziano i guai di Zoe. O forse erano già iniziati prima? Infatti la ragazza ha delle visioni che si materializzano sugli schermi televisivi: una bambina le chiede aiuto. Dapprima pensa sia una forma di pubblicità occulta, ma quando le visioni si ripetono e la bambina si rivolge proprio a lei, comincia a preoccuparsi.
Ecco dunque che Zoe entra in una faccenda infinitamente più grande di lei. Il mondo è dominato dalla “Rete”, un complesso sistema elettronico che controlla tutto e tutti e che fa funzionare ogni cosa. Scopriamo però che qualcuno complotta contro la rete e che per una misteriosa ragione essa rischia il collasso, cosa che getterebbe nel caos l’intera umanità.
Ma scopriamo anche che i responsabili della Rete stanno mettendo a punto un progetto per controllare i sogni dell’umanità, inserirsi nelle menti degli uomini e controllarne il pensiero.
Intanto altre cose accadono nel mondo parallelo, Mercuria, dove incontriamo April, la protagonista di The longest Journey che ha scelto di restare in questo mondo per lottare contro gli occupanti che dominano la città.
April non è più la stessa fragile fanciulla che conoscemmo: si è indurita, è diventata una combattente pragmatica e sfiduciata, non sa più sognare. Senza farla tanto lunga, April e Zoe si incontreranno; i loro destini le porteranno, tragicamente, in strade diverse e non dico altro per non svelare la conclusione.
Una storia complessa, dicevo, che ha in sé un fascino simile a quello del primo episodio, ma si fatica a capirla fino in fondo, tanti sono i rivoli narrativi, i personaggi, le situazioni in cui si disperde. Troppa carne al fuoco va a discapito dell’unità narrativa che si ramifica in tanti aspetti marginali, in implicazioni e complicazioni che lasciano aperte tante domande senza risposta e qualche volta cadono in incongruenze.
Ad esempio, tanto per non fare nomi, ho trovato abbastanza inconsistente aver inserito nella storia un terzo personaggio, Kian, che ha una funzione del tutto marginale: si tratta di un “Apostolo” della religione delle 6 dee, un fanatico duro e puro che combatte per imporre con la violenza la “verità” della propria fede (qualche allusione a faccende attuali? Mah) e che alla fine dubita e si sente in crisi per quattro frasi scambiate con April. La quale April però, predica bene e razzola male perché se da una parte vuole apparire la generosa combattente per la libertà, dall’altra, egoisticamente, lascia cuocere Zoe nel suo brodo e l’abbandona al suo destino senza troppi scrupoli.
Chi è dunque veramente April?
E Faith è davvero la “sorellina di Zoe” Che c’entra la madre morta? E’ morta davvero? E quale ruolo ha il misterioso Brian Westhouse? E’ forse lui il profeta? E chi è veramente il Reza che vediamo alla fine del gioco?
Vi prego, chi sa, risponda a questi dilemmi. O dovremo aspettare altri 6 anni per avere una risposta?
Ma via, è solo un gioco! E speriamo che lo resti, solo un gioco, perché un futuro simile non c’è da augurarselo.
In conclusione, una maggiore schematicità narrativa avrebbe giovato non solo alla chiarezza ma anche alla linearità del gioco.

IL GIOCO

Dreamfall prosegue la storia de “The longest Journey” (vedi recensione) il primo episodio pubblicato nel 2000, che si svolgeva in un futuro non poi tanto lontano da noi.
Questo seguito era molto atteso da chi aveva giocato il precedente, perché The longest Journey aveva lasciato il segno come uno di quei lavori che non si dimenticano tanto presto. Indubbiamente è un gioco pregevole sotto molti aspetti, con una quantità enorme di scenari e di inserti filmati, un approfondimento dei caratteri ed una storia complessa. Forse troppo complessa, e vediamo il perché.

Grafica – L’azione, in terza persona, si basa su un sistema grafico con visuale 3D a 360° che si gestisce parte dal mouse, parte da tastiera.
Potremo godere di una quantità incredibile di scenari diversi, davvero impressionanti per la scenografia e la fantasia sfoderata dai disegnatori: dalle viuzze assolate di Casablanca alle case quasi da favola di Mercuria, dalle grandiose vegetazioni del Paese delle ombre, al mondo sotterraneo, dalle desolate distese di ghiaccio del Mondo dei sogni alle imponenti strutture dei palazzi del potere politico e tecnologico… Il tutto intervallato da lunghi, a volte lunghissimi filmati, in cui i personaggi si intrattengono in conversazioni di vario genere e, se mi è concesso dirlo, non sempre congrui al gioco. Gli autori hanno dato un rilievo particolare all’approfondimento dei caratteri dei tantissimi personaggi che costellano l’azione, ma per far questo, hanno dovuto necessariamente inserire dialoghi interminabili che qualche volta diventano abbastanza noiosi e rallentano l’attenzione e la tensione del giocatore. Una maggiore sobrietà nei dialoghi avrebbe giovato a tenere alto l’interesse.
Il personaggi sono descritti graficamente a tutto tondo, ma bisogna dire che, almeno nella versione per PC, la risoluzione non è esaltante. Nei primi piani o nelle azioni ravvicinate non mancano spigoli e angoli acuti, non manca neppure il famoso effetto “ectoplasma” e cioè l’immersione dei corpi negli oggetti. Ma a parte questi nei, la grafica è il pezzo forte del gioco. I filmati scorrono via che è una bellezza, ma attenzione: il gioco è avido di risorse e vuole un sistema potente ed aggiornato, per dare il meglio di sé.

Sonoro – Doppiaggio e sottotitoli in italiano. Buona musica di fondo che varia nei diversi ambienti che visitiamo. I rumori sono realistici e puntuali quando il gioco lo richiede (non si sentono scalpiccii o fruscii o cinguettii, tanto per intenderci).
Il doppiaggio è ottimo salvo qualche caduta “di stile” qua e là; il tono della recitazione non sempre è adeguato alla circostanza. Ad esempio, immaginate un padre che, richiesto sulle condizioni della figlia, risponde: “Sta morendo…” con il tono di chi chiede al barista: “Un caffè macchiato, per favore”… Altre piccole incongruità si sono rilevate nel corso del gioco, ma vengono qui riferite solo per amor di pignoleria.
Sulla lunghezza a volte prolissa dei dialoghi si è già detto: l’impressione in questi casi è sempre quella di voler artatamente allungare un gioco che di per sé non ne avrebbe affatto bisogno.
I dialoghi in certi casi richiedono una risposta ma ho notato che qualunque risposta si dà, alla fine il risultato è sempre lo stesso.

Enigmi – Enigmi? Beh, di enigmi nel vero senso della parola ce ne sono tre o quattro, un paio dei quali vengono ripetuti più volte durante il gioco, per altro molto semplici da risolvere.
Gli oggetti da raccogliere in inventario sono pochissimi e il loro uso è del tutto intuitivo.
In effetti non si può dire che sia un gioco difficile, da questo punto di vista. La maggiore difficoltà sta nella parte arcade del gioco. Infatti questa avventura non è il classico punta e clicca ma è un ibrido di azione, combattimento, esplorazione, tempestività.
I combattimenti sono davvero sciocchi e ve lo dice una che è completamente negata: basta cliccare ripetutamente sui tasti indicati e si vince. Spesso si possono evitare combattimenti con l’astuzia e in più casi il gioco offre diverse alternative d’azione per raggiungere uno stesso scopo Più complesso invece (ma complesso non significa difficile) difendersi dai pericoli, eseguire le azioni a tempo, evitare di ripetere più volte un’azione perché si muore molto spesso prima di capire come nascondersi, sventare il pericolo o superare un ostacolo.
Quasi tutte le azioni sono a tempo: se si fallisce si muore, ma il gioco ricarica automaticamente all’inizio dell’azione, quindi non c’è pericolo di dover ripetere lunghe sequenze.
Dicevo che il gioco è molto intuitivo, nel senso che si capisce quasi subito cosa si deve fare o dove si deve andare, anche perché è possibile andare solo dove si può fare qualcosa di utile.
Quando ci si avvicina ad un oggetto sensibile, quattro angoli verdi inquadrano l’oggetto su cui si può agire e cliccando sull’icona “occhio” o “mano” l’azione è fatta automaticamente.
L’azione è assolutamente lineare, il giocatore deve seguire la linea tracciata dal gioco e non è possibile procedere se non si è fatto tutto quello che si deve. L’assenza di enigmi complessi e stressanti, la relativa semplicità di gioco, aiutata da una trama intrigante, stimola molto ad andare avanti per vedere come va a finire e diventa davvero difficile dirgli “buonanotte” per riprendere l’indomani.

Interfaccia – Gli sviluppatori questa volta hanno voluto cambiare sistema, forse al fine di “modernizzare” l’avventura e renderla più appetibile anche a fasce di utenti diversi; insomma, si sono inventati un’interfaccia completamente nuova, a loro avviso forse più originale del tradizionale punta-e-clicca, ma sicuramente molto più scomoda, macchinosa, inutilmente laboriosa per chi deve giocare. Tutto sommato non se ne vedeva la necessità.
Il gioco si guida in parte dal mouse, in parte da tastiera e fin qui, pazienza anche se è ormai assodato che l’amante delle avventure grafiche predilige il mouse.
Ciò che lascia davvero perplessi è il meccanismo dell’inventario; quando si debbono accoppiare 2 oggetti, bisogna farci sopra uno studio e per giunta l’immagine del primo oggetto scompare dopo pochi secondi se non si è rapidi a selezionare il secondo.
L’idea poi del raggio luminoso con cui guardare gli oggetti è semplicemente cervellotica. Tanto è vero che ho evitato sempre di usarlo salvo una volta in cui era indispensabile.
Si tratta di un raggio che si attiva con il tasto destro del mouse, che passa sopra gli oggetti, per guardarli o agire su di essi. La rotazione è scomodissima e parziale in quanto il personaggio si blocca e bisogna spostare la sua visuale per completare l’ispezione. Insomma, speriamo che questa idea balzana venga abbandonata.
Il menu permette diversi settaggi per quanto riguarda la “macchina forografica” ciò il modo di interagire con la visuale del gioco.
I salvataggi, tramite icone, sono infiniti.

Conclusioni – Il giudizio su questo gioco è ambivalente: da una parte il sostanzioso impegno grafico e della sceneggiatura che lo classificano come un gioco eccellente, dall’altra una frenesia di innovazioni che ne fanno un pretenzioso ibrido tra il gioco d’azione e l’avventura, scontentando parzialmente sia gli amanti dell’un genere che dell’altro.
Comunque è un gioco di prim’ordine che consiglio .

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