LA STORIA
La Maurania, un Paese africano immaginario, è sconvolta da una guerra civile. Il vecchio re Rogon attende il ritorno di sua figlia dall’Europa nella speranza che lo affianchi nella lotta contro i ribelli. Il piccolo aereo su cui viaggia la ragazza viene però abbattuto dai guerriglieri e cade nel deserto; la ragazza si salva miracolosamente e viene ospitata nell’harem di un principe fedele al re, ma purtroppo ha perso completamente la memoria e assume il nome fittizio di Ann Smith.
L’unico suo desiderio è di tornare a “casa”, a Ginevra dove è cresciuta ed ha studiato dall’età di 6 anni, ma tutte le vie di fuga sono precluse; l’unica speranza è di andare a sud dove infuria la guerriglia e cercare un mezzo che la riporti in Europa.
Ann Smith avrà come compagna di viaggio una pantera nera, un animale bello e terribile intorno al quale si narrano molte leggende e che, scopriremo, ha anche un ruolo nella storia passata della protagonista.
Un viaggio alla ricerca di una via di fuga ma anche alla ricerca di se stessa, della propria identità perduta, che le farà scoprire il mondo selvaggio e incontaminato di un’Africa che va scomparendo, dove la ferocia e l’avidità umana portano morte e distruzione.
E’ una storia amara, realista, che suscita rabbia e rimpianto per un mondo che scompare, tanto più in quanto questo mondo ci viene rappresentato con una grafica di struggente bellezza.
Non c’è spazio per l’illusione consolatoria: tutto ciò che è puro, incontaminato, culturalmente lontano dalle logiche di conquista, è destinato a soccombere.
IL GIOCO
Benoit Sokal ha toccato questa volta il fondo del pessimismo di cui erano già vagamente permeate le sue opere precedenti, Amerzone e Syberia.
In Paradise la visione della vita è cupa, foriera di disastri incombenti.
Anche le protagoniste femminili delle due avventure sono caratterizzate in modo assai diverso; Kate era determinata e sicura di sé, decisa a rincorrere un sogno nel quale si sentiva emotivamente coinvolta; Ann appare labile e incerta, talvolta contraddittoria e incongruente nel suo modo d’agire.
Personalmente non sono riuscita a comprendere come questo personaggio, pur conoscendo ormai la propria identità quale figlia di un re benvoluto dalla popolazione, pur avendo assistito ai massacri compiuti dai ribelli sulla popolazione civile fedele al re, si lasci convincere in quattro e quattr’otto, dal capo dei ribelli, a tradire suo padre (che neppure conosce) e passare dalla loro parte.
La ragazza non esita a dar credito a tutte le storie che le vengono raccontate dai vari personaggi, nel corso della sua avventura, senza mai dubitare della loro sincerità. Che cosa pensa realmente Ann di tutto quello che le accade intorno? Non lo sapremo mai. Molte persone che sono state gentili con lei sono morte, ma lei non ha alcuna reazione di rammarico.
Anche il finale della storia, che non rivelo per carità di patria, lascia molti punti interrogativi sulla personalità di questa fanciulla.
Inoltre: quale ruolo ha la pantera in questa storia? Sostanzialmente nessuno, e dà l’impressione di essere stata inserita come elemento esotico-tenebroso tanto per suggestionare con il suo ruggito.
Insomma, una bella storia che soffre di una sceneggiatura un po’ disarticolata, in cui manca l’omogeneità narrativa che invece, oltre al resto, era la forza trainante degli episodi di Syberia.
Grafica – La grafica, come ho accennato sopra, è quanto di più immersivo e coerente ci si possa aspettare con la “filosofia” del gioco.
Sokal ha scelto una grafica di grande impatto emotivo, minuziosa e fantastica nello stesso tempo ma tutt’altro che sfacciatamente nitida. Tutte le schermate sono filtrate da una nebbiolina soffusa, inquietante, afosa, un tantino opprimente: la foschia che nasce dal clima tropicale caldo e umido, che invade tutto e non dà scampo. Gli sfondi sono curati nei dettagli, ammorbiditi da quell’afa color sabbia che pur nel chiarore lascia intravedere, più che vedere.
Gli scenari sono come sempre impareggiabili, sia che si tratti della giungla, della città mineraria, del villaggio arboricolo o degli animali fantastici che solo l’immaginazione di Sokal ci sa regalare. Il taglio delle inquadrature è spesso panoramico per dare un’idea generale del luogo in cui ci troviamo e delle direzioni possibili. Purtroppo però l’interattività con gli ambienti è molto limitata, non c’è grande possibilità di esplorazione, si può accedere solo laddove il gioco richiede la nostra presenza. Oltre al personaggio di Ann non ci sono comprimari di qualche rilievo; tutte conoscenze occasionali con le quali la protagonista interagisce per quanto necessita ai suoi scopi.
Il gioco, punta e clicca in terza persona, si governa interamente con il mouse. E qui non possiamo non rimarcare le disfunzioni evidenti del motore grafico.
Il cursore è una pallina che fa pulsare una freccia nei posti dove è possibile dirigersi, una pinza sugli oggetti che si possono prendere, una rotella dentata sugli oggetti attivi, una trombetta sui personaggi con cui parlare. Purtroppo il suo funzionamento è stato uno dei punti negativi più fastidiosi del gioco. Bisogna attendere qualche secondo prima che si attivi sugli oggetti e talvolta, pur attivo, non funziona rischiando di farci saltare azioni necessarie e irripetibili. Ancor peggio quando il cursore indica una direzione e la protagonista se ne va dalla parte opposta. Questa disfunzione si è rivelata davvero molto noiosa in un gioco così complesso, specie nel villaggio sugli alberi che bisogna percorrere su e giù decine di volte senza sapere bene dove ci manderà la freccia.
Debbo segnalare inoltre dei bugs allorché sullo schermo dovrebbe comparire un personaggio che non c’è (la persona ferita nella miniera che si vede solo in un momento successivo) o una noce di cocco invisibile che però è segnalata dal cursore.
Ora veniamo ai personaggi. Il movimento in corsa o camminando è fluido, così come i filmati che sono eccellenti e spettacolari. Ma quando si clicca su un personaggio da fermo le cose cambiano: lo vediamo girarsi, rivoltarsi, muoversi come un automa, scattare e quindi camminare o parlare. E’ capitato anche di non poter prendere un oggetto perché, malgrado il cursore ne segnalasse la possibilità, in realtà si produceva l’effetto “trombetta” con il personaggio vicino, salvo poi uscire e tornare nella schermata dopo un po’ e prendere quel che si doveva. Per buona misura, non è assente neppure dal famigerato effetto “ectoplasma”, cioè di corpi che attraversano corpi od oggetti.
Tutte queste disfunzioni sono inammissibili in un gioco di questo livello, oggetto di tante attese. Si potrebbe pensare ad una carenza di collaudo dovuta alla fretta di rispettare i tempi di pubblicazione, ma si sa che la qualità è nemica della fretta. Uscirà una patch?
Sonoro – Il sonoro è costituito da vari brani adattati ai luoghi, una musica tra l’epico e l’orientale, soffusa di malinconia, a volte anche cupa, ben in tono con il gioco. Ottimo il doppiaggio italiano anche se a volte pur regolando i volumi dal menu-opzioni, il parlato si sente molto meno della parte musicale e dei rumori.
Questi ultimi accompagnano tutto il gioco, ora con i rumori della natura, ora con il chiacchiericcio della gente e con il brusio ambientale.
Constatate diverse incongruenze nei dialoghi.
Enigmi – In questo gioco non si può parlare di enigmi veri e propri. E’ piuttosto un gioco in cui bisogna usare oggetti raccolti in inventario. I macchinari che si trovano in giro sono per altro di facilissimo uso e non richiedono uno studio particolare.
Ad esempio, ad un certo punto si trova una porta chiusa da una pulsantiera e l’avventuriero esperto pensa subito a codici, a calcoli, a simboli da decrittare: macché! C’è lì vicino un post con la combinazione bell’e scritta.
La maggiore difficoltà consiste nel capire cosa bisogna fare perché in realtà il gioco è avarissimo di indizi e di suggerimenti; si trova ad esempio un oggetto e ci si chiede: ora cosa ne faccio? Solo dopo aver esplorato ogni angolo di vastissime locazioni, cercato in ogni anfratto, si può (per intuito più che per ragionamento) capire cosa bisogna fare.
Alcuni posti sono poi (non si sa se volutamente o per una svista degli sviluppatori) difficilmente raggiungibili perché non vengono segnalati in alcun modo dal cursore oppure sono invisibili a colpo d’occhio. Ad esempio, vicino al traghetto, non sapendo più dove battere la testa, ho provato a cliccare alla rinfusa sullo schermo ed ho così scoperto che c’era un’altra direzione non segnalata.
Consiglio: non fidatevi del cursore, cliccate sugli oggetti anche più volte, se non accade nulla uscite dalla schermata e riprovate.
La prima parte del gioco, quella che si svolge nell’harem, a mio avviso è troppo lunga e finisce per disperdere l’unità narrativa dedicando uno spazio eccessivo ad una questione marginale quale quella di lasciare il palazzo del principe. In questa fase c’è un dispendio di energie abbastanza frustrante.
Di notte Ann sogna la pantera, accade tre volte durante il gioco. Francamente non ho capito bene a cosa servano queste sequenze in cui bisogna guidare l’animale con una freccia. Io le ho saltate con il tasto “esc” ed ho proseguito senza alcun danno per il gioco.
La parte più complessa è l’ultima, quella che si svolge sullo “Scrigno nero”. Non tanto per gli enigmi incontrati, quanto per le locazioni “invisibili”, cioè le stanze nascoste che si possono individuare solo con un’attenta ricerca del cursore.
In buona sostanza il gioco non è di difficile esecuzione in quanto privo di enigmi impegnativi o di altri ostacoli che solitamente costellano i giochi d’avventura, ma ha una prolissità che a volte risulta irritante perché dà l’impressione di costringere il giocatore ad un grande andirivieni che produce pochi effetti conclusivi. Mi chiedo ad esempio perché Anne sia costretta a fare tre volte il percorso dal traghetto al camion per prendere le taniche quando potrebbe prenderle tutte insieme.
Interfaccia – Nell’interfaccia siamo accolti dal ruggito poco rassicurante della pantera nera che sembra dirci: attento a quello che fai! L’interfaccia ha tutte le opzioni di rito, è molto bella graficamente, si richiama con il tasto destro del mouse che visualizza il pannello inventario quindi il menu. I salvataggi (infiniti) sono automatici vengono visualizzati da diapositive.
Conclusioni – Paradise è indubbiamente un’avventura di qualità per la veste grafica ma non lo è altrettanto per l’omogeneità narrativa e pe il funzionamento.
Bugs e disfunzioni, segnalate anche dai lettori, oltre al prezzo di copertina elevato, ne limitano la valutazione.
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